Dopo aver conosciuto i Cobalto, band biellese reduce da Sanremo Giovani, oggi vi presentiamo Vanessa Berni, giovane cantautrice parmense.
Nata a Parma l’8 gennaio 1989, la passione per il canto la accompagna da sempre, anche se inizia a formarsi professionalmente alla Scuola di Musica Arti e Suoni intorno ai vent’anni, seguita dall’insegnante Rossella Volta.
Con questa esperienza inizia a cantare in un gruppo cover in cui esegue pezzi dal pop-soul al funky-latin. Sperimenta anche il genere liscio nell’orchestra Valerio Frati, che le permette di variare dal suo genere, abituandola al grande pubblico.
Fin dall’inizio della sua carriera, partecipa a concorsi canori classificandosi tra le prime posizioni.
Nel 2015 inizia un percorso artistico in acustico, accompagnata dal chitarrista Roberto Castelli e dal percussionista Manuel Bongiovanni, replicando grandi successi della musica contemporanea.
Nel 2016 viene scelta per partecipare a The Voice Of Italy. L’anno successivo pubblica il suo primo singolo “Unpredictable”, entrando a far parte del gruppo musicale “Anni ‘60 e dintorni” un progetto dell’associazione A.I.A.S. di Parma, a sostegno di un gruppo di ragazzi disabili.
Oggi è impegnata nella realizzazione del suo primo album, grazie ai fondi ricavati da Musicraiser, nota piattaforma di crowdfunding. Ma adesso conoscetela meglio!
Ciao Vanessa, presentati ai nostri lettori.
«Ciao a tutti! Sono Vanessa Berni, una ragazza semplice con un carattere apparentemente molto pacato, ma che nasconde una personalità estremamente emotiva.
Sono nata a Parma da mamma brasiliana e papà italiano. Il Brasile è a tutti gli effetti una seconda casa ed essere italo-brasiliana è sempre stato, per me, motivo di grande orgoglio.
Sono laureata in biologia, ma faccio la cantante.
Da circa un anno e mezzo mi sono trasferita in provincia di Cremona, dove ho iniziato anche ad insegnare canto in una scuola privata della zona.
Da quando ho scoperto la musica tutta la mia vita ha preso una piega inaspettata, come se mi avesse spinto in una direzione specifica.
Ho deciso così di rischiare tutto e seguire solo quella strada.»
Come nasce la tua passione per la musica?
«Questa è la parte più bella e più brutta: in realtà la mia passione per la musica è sempre esistita, è nata e cresciuta con me, ma non è mai stata sfruttata.
Da piccola ero molto timida, faticavo a parlare con le persone, figuriamoci cantare davanti a qualcuno. Avrei sempre desiderato farlo, ma credevo fosse solo un sogno nel cassetto, fuori dalla mia portata. All’età di 19 anni ho vissuto un periodo molto oscuro: ho perso un’amica che consideravo una sorella, i miei genitori si sono separati, ho cambiato casa allontanandomi dai vecchi amici, e mi sono isolata per anni. Ho iniziato ad essere vittima di un disturbo alimentare compulsivo, avvicinandomi pericolosamente ad uno stato di salute molto precario e sono entrata in depressione perché non riuscivo più ad accettarmi.
Un giorno ho pensato che un modo per stare meglio poteva essere provare a realizzare un sogno nel cassetto che sembrava perduto. Ho contattato la mia prima insegnante di canto e da allora non ho più smesso. Avevo 23 anni, oggi ne ho 30.
Penso di aver cominciato troppo tardi, ma quel che è sicuro è che la musica mi ha salvata.»
Quando hai scoperto la tua abilità nella scrittura dei testi? E qual è stata la prima canzone che hai scritto e cantato?
«Non sono esattamente sicura di avere del tutto scoperto questa abilità, ma diciamo che ci sto provando. Ho iniziato per gioco, per provare, perché ero stanca di cantare solo canzoni di altri e pensavo di avere qualcosa da raccontare.
La prima canzone credo di averla scritta tra il 2015 e il 2016: farà parte dell’album che uscirà a breve e posso dirvi che si chiama “Cambierò”.»
Inizialmente scrivevi testo e musica o solo testo?
«Ho provato fin da subito a scrivere sia musica che testo.
Creare la melodia mi viene estremamente naturale, con il testo ho molta più difficoltà.
Da ragazzina scrivevo tantissime poesie, tantissimi testi struggenti ed emozionanti, ma non riuscirei a renderli in musica.
Ora sono nella fase di sperimentazione: scrivo in italiano e in inglese. Con l’inglese è più facile perché è una lingua naturalmente musicale, ma voglio concentrarmi in futuro a scrivere bei testi soprattutto in italiano.»
Quali sono le tematiche che, attualmente, ti stanno più a cuore?
«Senza dubbio quelle che mi rappresentano e che raccontano in parte la mia storia, come il desiderio e la necessità di cambiare per salvarsi. Ma un’altra tematica che mi sta molto a cuore è la violenza sulle donne, pur non essendone mai stata vittima, fortunatamente.
Vorrei specificare che essendo molto sensibile ed emotiva, soffro per ogni tipo di violenza commessa dal genere umano e le metto tutte sullo stesso livello. Ma da donna, posso sinceramente dirvi che questo argomento mi tocca particolarmente. Ci ho anche scritto una canzone che, ovviamente, farà parte dell’album.»
Se per descriverti a una persona che non ti conosce ancora dovessi scegliere un brano, quale sceglieresti?
«Dal punto di vista prettamente vocale, canterei qualcosa di Celine Dion per esprimere al meglio il mio stile. Se invece dovessi raccontare me stessa sceglierei “At Last” Di Etta James, che parla di un amore che finalmente arriva, proprio come è stato per me con la musica.»
Sappiamo che, nel 2016, hai partecipato alla quarta edizione di TheVoice: che ricordi hai di quell’esperienza?
«Un bellissimo ricordo. Era la prima volta che provavo quel tipo di esperienza e non sapevo cosa aspettarmi. Ad ogni provino fatto ricevevo una chiamata che mi confermava di essere passata allo step successivo ed erano sempre grandi soddisfazioni.
Il giorno del mio compleanno dovevo cantare in un locale a Parma, ma poco prima dell’inizio del concerto ricevetti questa telefonata dalla redazione di The Voice che mi annunciava di essere stata selezionata per la fase televisiva delle Blind Auditions.
Non so descrivervi la soddisfazione che provai, ma anche il sentimento di paura nel pensare di dover affrontare una cosa del genere.
Quelli negli studi RAI sono stati giorni molto intensi, tra video, interviste, prove lampo ed esibizione. Credo che lo rifarei, ma soprattutto per poter affrontare il tutto con molta più calma e magari godermi un po’ di più l’esperienza.»
Ricordi ancora la tua esibizione?
«Sì, tremavo dalla testa ai piedi e non so ancora come ho fatto a finire la canzone senza svenire! Sorrido nel ripensarci ma non scherzo. Una persona emotiva come me è messa a dura prova in situazioni come quelle.
Non mi vergogno ad ammettere di soffrire di ansia da palcoscenico. È un aspetto che in 7 anni di canto ed esperienze lavorative è stato molto smussato ed ora ho imparato a controllarmi un po’di più, ma un’esperienza come quella, in televisione, è decisamente ad un altro livello.
Tuttora sono convinta di aver cantato molto al di sotto delle mie capacità, e questo è il mio unico vero rammarico. Ad ogni modo ero molto contenta di aver avuto la possibilità di esibirmi, indipendentemente dal risultato sapevo che già arrivare lì era un bel traguardo.»
Ti sei pentita di aver portato “Meravigliosa creatura”? O rifaresti le stesse scelte?
«Altro che se mi sono pentita, ma se non altro posso dirvi che non è stata una scelta mia ma della redazione. Durante i vari provini ci venne chiesto di portare 5 canzoni in inglese e 5 in italiano; con l’italiano faccio più fatica ad esprimermi a livello artistico, pertanto ero davvero preoccupata e non sapevo quali canzoni scegliere per il provino. Mi venne in mente quella particolare versione di Meravigliosa Creatura e mi sono detta “perché no, può andare”. Si vede che a quelli della redazione piacque particolarmente dato che poi la scelsero come canzone dell’esibizione per la Blind. Ma io sicuramente non l’avrei scelta perché non si sposa in pieno con la mia vocalità.»
Oggi parteciperesti a un altro talent? O credi che esistano delle vie alternative, come i social?
«Da un lato no. Ho chiaramente visto che vivo con troppa ansia gli ambienti televisivi, ma allo stesso tempo non rinnego niente. Rifarei tutto e, se avessi cominciato a cantare prima, magari avrei fatto altro .
Per quanto riguarda i social, invece, ci credo moltissimo. Recentemente ho postato un video semplicissimo dove canto una cover dei “Mecano” e in pochi mesi ho raggiunto quasi 3000 visualizzazioni. Numeri piccoli, certo, ma un risultato decisamente inaspettato per me, e questo potere ce l’hanno solo i social.»
Attualmente sei impegnata nella realizzazione del tuo nuovo album: cosa dobbiamo aspettarci? Puoi anticiparci qualcosa?
«Come forse saprete ho avuto la possibilità di iniziare a realizzare questo primissimo disco grazie ad una campagna portata a termine con successo tramite Musicraiser.
Più di 100 persone hanno aderito alla campagna permettendomi di iniziare a lavorare sul progetto. Tuttavia i tempi si sono rivelati molto più lunghi del previsto; mi sono ritrovata a fronteggiare da sola un qualcosa di più grande di me. Ho peccato di inesperienza e i tempi si sono allungati di molto. D’altronde, non avendo nessuno all’esterno, le cose si devono fare con molta calma e con i propri mezzi. Quello che posso dirvi è che l’album sarà composto interamente da miei brani e conterrà 8 tracce, 4 in italiano, 2 in inglese più 2 speciali versioni acustiche di due dei brani dell’album. Nell’album sarà compreso anche il mio primo singolo “Unpredictable” che ho pubblicato a Luglio 2017.»
Come ti immagini tra qualche anno?
«Spero di poter continuare a fare quello che faccio, ma un po’ più in grande.
Io e il mio compagno abbiamo in progetto di fondare una nostra scuola di musica. Se riuscissimo davvero in questa impresa sarebbe sicuramente qualcosa di grande e molto all’avanguardia. O almeno questa è l’idea del progetto finale.»
Un sassolino dalla scarpa che ti sei tolta? O che vorresti toglierti?
«In questi anni sono riuscita a dimostrare ai miei familiari ed amici che, quello del musicista, è a tutti gli effetti un lavoro e come tale va rispettato e giustamente retribuito.
Se c’è una cosa che ho imparato in questi anni è che essere un professionista nel mondo musicale non significa necessariamente essere famoso, ma è appunto lavorare con professionalità, a maggior ragione quando si vive di questo. Vivere di musica è ancora possibile, non dico che sia facile, ma esistono alcune possibilità. Al di qua del mondo dei “big” ci sono tutta una serie di musicisti professionisti che magari non avranno mai la possibilità di farsi notare, ma non per questo vivono la musica solo come un “hobby”. Questa è una cosa che mi premeva molto dire.
Il sassolino che vorrei togliermi, invece, è dimostrare che non è mai troppo tardi per iniziare qualcosa, che non c’è età per la musica e che, anche da soli, si può ottenere qualcosa.
Non so se realizzerò mai davvero qualcosa di importante, ma rimane una speranza e un continuo stimolo a migliorarmi sempre di più. Se accadrà bene, altrimenti ne sarà comunque valsa la pena.»
Quali sono i tuoi progetti futuri?
«Mi ricollego a quanto detto prima: fondare una scuola di musica che faccia sentire a casa chi la frequenta, giovanissimi e meno giovani. Un luogo che attiri ogni tipo di appassionato della musica, dal dilettante al professionista; un luogo di studio dove organizzare anche concerti, masterclass , seminari e chi più ne ha più ne metta.
Sogno troppo in grande forse? Io non credo.
Buttarmi a capofitto nella composizione dei miei inediti; ora ho perso un po’ di tempo con la produzione dell’album a causa di alcuni inconvenienti, ma non appena avrò terminato continuerò a lavorare su un brano dopo l’altro pubblicandoli man mano.
E naturalmente continuare a cantare, come ho fatto fino ad ora; non importa dove, nel bar di paese, in strada, nel locale più rinomato, ai matrimoni e nelle feste private. Non ho mai avuto la speranza o la pretesa di diventare famosa, ma questo non modifica il mio modo di approcciarmi al canto: sempre col massimo della serietà, professionalità e passione. Devo alla musica la mia rinascita, il minimo che possa fare è dedicare la mia vita a lei.»
Rosaria Vecchio, creatrice di Pillole di Musica Pop, un piccolo spazio per gli amanti del pop, dove poter parlare di musica a 360°, senza particolari limiti o censure.
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