Inizia ufficialmente il Festival di Sanremo 2025, con la serata votata dalla sala stampa. Dominano le ballad, ma a sorprendere è l’andamento dei cantanti. Molti big e favoriti under-performano, mentre emergono i cantautori e alcuni outsider inattesi:
Gaia: “Chiamo io chiami tu”. Testo praticamente nullo sullo stuzzicarsi e l’ignorarsi per aumentare il desiderio, ma il ritmo è dannatamente coinvolgente, potenziale tormentone radiofonico. 6-
Francesco Gabbani: cori soul e assoli di chitarra aprono “Viva la vita”. Un inno alla vita, malinconia leggera per godersi ogni battito del cuore. Emozionante e romantica. 7
Rkomi: un uptempo che non cattura la sua “Il ritmo delle cose”. Non supportato nemmeno da una buona vocalità, rimane impresso ben poco se non la tematica del caos come luogo dove trovare equilibrio. 5-
Noemi: graffiante e intensa in “Se ti innamori muori”, sulle sensazioni di dolore paragonabili alla morte che causano le incomprensioni di un amore più maturo. Una Noemi che trafigge come una spada, dimostra la sua tendenza a fare festival molto diversi a livello di forma vocale. Il 2025 sembra essere una delle sue partecipazioni più convincenti. 7
Irama: non lo aiuta lo storico molto positivo dei suoi festival precedenti, perchè “Lentamente” risulta di molto inferiore. Il testo rimane in superficie e il crescendo non è così potente come la costruzione della canzone faceva sottointendere. Il suo graffio emerge solo a tratti. È una buona canzone, emotiva e sentita, ma non la migliore della sua discografia. 6.5
Coma Cose: cartoonesca e giocosa la loro “Cuoricini”, pur avendo un testo malinconico sull’amore. La quota Ricchi e Poveri dell’edizione, che dirà la sua in radio, ma non ai fini della classifica. 6-
Simone Cristicchi: interpretativamente parlando un fuoriclasse in “Quando sarai piccola”. La tematica familiare viene toccata con una delicatezza estrema, ribaltando il ruolo di un figlio che diventa genitore della propria madre che a causa di una malattia degenerativa torna ad essere bambina. Qualche imprecisione vocale non nega un grande trasporto emotivo. 9.5
Marcella Bella: fuori fuoco con la sua “Pelle diamante”. Tenta in tutti i modi il percorso performativo, interpretando la figura della femme fatale con pelle lucente e dura come diamanti. È assolutamente poco credibile in queste vesti. 4
Achille Lauro: non convince del tutto la sua “Incoscienti Giovani”. Tenta un avvicinamento alla romanità con un testo sulla vita nei bassi borghi per molti adolescenti. L’amore diventa una cura salvifica per uscire dalla violenza. Vocalmente non nel suo miglior momento di forma, inoltre il ritornello stenta a crescere. 6.5
Giorgia: elegante e maestosa in “La cura per me”. Punta tutto sulla vocalità e ci riesce, valorizzando anche gli archi e i suoni molto aperti del ritornello. Le strofe, anche per il tipo di scrittura poco ispirata, sono la parte meno interessante del brano, che punta tutto sulla grande capacità tecnica dell’artista in questione. Sembra sufficiente per candidarsi alla vittoria. 8-
Willie Peyote: sfrutta anche sfumature di gospel in “Grazie ma no grazie”, con un pezzo ricco di groove supportato anche da un buon testo sulla figura dei comportamenti medi e dell’ipocrisia degli esseri umani. 6
Rose Villain: torna a Sanremo con “Fuorilegge”, che sembra la copia meno riuscita di “Click boom”. Strofe cantate e ritonello uptempo urban, ormai, non fanno lo stesso effetto a sorpresa dello scorso anno. Salvabile solo il tentativo di descrivere un amore dolce con metafore crude sulla criminalità. 5-
Olly: chitarre che ci fanno sentire in una notte romantica di Genova, un testo semplice per parlare con struggimento di questa “Balorda nostalgia”. Immagini cittadine, sentimento e un’interpretazione convincente lo catapultano tra i favoriti per la vittoria finale. Intenso e con grande identità artistica. 9
Elodie: piena comfort zone “Dimenticarsi alle 7”. Uptempo pop sulla linea del suo ultimo progetto, che parla di un rapporto tossico che muore alle 7 di mattina. 6-
Shablo ft. Guè, Joshua e Tormento: il primo produttore-concorrente si presenta con la hit “La mia parola”. Il mondo sonoro tra R&B e hip-hop anni 2000 è il fiore all’occhiello del brano che, però, cade in tutti i cliché delle street-song. 6
Massimo Ranieri: sempre elegante e magniloquente anche in
“Tra le mani un cuore”, con gli strumenti a fiato che aggiungono dinamica a un testo che ci invita a proteggere un sentimento come se fosse tra le nostre mani. 6+
Tony Effe: si stravolge in una ballata romana dal nome “Damme ‘na mano”. Si ispira a Califano, ma senza artisticità e talento vocale non può reggere il confronto con il pop. Ipocrita e fuori contesto. 2
Serena Brancale: sceglie la strada della hit popolare con parti in dialetto in “Anema e core”. Pur preferendola in chiave jazz, il brano (privo di testo) è trascinante e punterà ai passaggi radiofonici. 5.5
Brunori Sas: uno dei migliori testi con una cadenza che ricorda De Gregori. “L’albero delle noci” è una dolce dedica all’amore dei genitori per i figli. In crescendo è una ballad classica che punta dritta al Premio della Critica. 7+
Modà: ci provano a far crescere con violini, batterie e pathos una ballad che, però, non gira. “Non ti dimentico” ha un problema sonoro, che non viene compensato da un testo che è privo di brillantezza. 5.5
Clara: uptempo club da rotazione radiofonica. La sua “Febbre” è la prosecuzione di “Nero gotico”. Forse troppo poco per un palco importante come l’Ariston. 5-
Lucio Corsi: leggera, intelligente, vellutata e fiabesca la sua “Volevo essere un duro”. Prendere il rapporto con le proprie fragilità, con serenità, per vivere meglio, il tutto condito da chitarre rock e una struttura della canzone solida. 10
Fedez: un grande testo sulla depressione caratterizza “Battito”, ma viene oscurato da sonorità trap e club che depotenziano di molto quello che sarebbe potuto essere il prodotto canzone. L’interpretazione carismatica, straziante e ansiogena, però, rende e lo porta più in alto della versione registrata. 6+
Bresh: ancora sapori di Liguria con “La tana del granchio”, con un ritornello che si apre e strappa qualche brivido. Grande sorpresa per la precisione vocale rispetto alle prove, in questa serata fa brillare un brano interessante sulla passione legata a metafore marittime. 7.5
Sarah Toscano: ancora acerba artisticamente, la sua “Amarcord” richiama il mondo di Dua Lipa e Annalisa senza, però, raggiungerne mai i picchi. La tensione del debutto e la giovane età non hanno aiutato. 5-
Rocco Hunt: urban hit sui disagi della periferia napoletana in cui c’è anche della malinconia per i momenti dell’infanzia. “Mille vote ancora” convince radiofonicamente, ma molto meno nel contesto sanremese. 6-
Joan Thiele: leggera delusione la dedica fraterna di “Eco”. Togliendo il testo, il brano richiama sentieri già visti nel soft-indie. Dall’eleganza R&B in questo brano rimane ben poco. 6
Francesca Michielin: ballad emotiva non supportata da un testo valido. Ricca di lessico adolescenziale e metafore tratte dalla quotidianità, la sua “Fango in paradiso” ha un mondo sonoro che va in direzione opposta rispetto alle parole. 6
The Kolors: doveva essere Italo-disco con un testo ancora più estivo la loro “Tu con chi fai l’amore” e, in effetti, sia le sonorità che il testo andavano di pari passo. Ma questa esibizione live di Stash, molto scuro in volto ed estremamente dark anche nel modo di muoversi, hanno dato una sfumatura più interessante al brano. 6
Rosaria Vecchio, creatrice di Pillole di Musica Pop, un piccolo spazio per gli amanti del pop, dove poter parlare di musica a 360°, senza particolari limiti o censure.
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