Penultima serata del Festival di Sanremo 2025, con una notte isolata dal resto della competizione: la gara delle cover e dei duetti. Esclusa dalla media generale delle altre quattro serate, viene consegnato un premio a parte dopo la votazione delle 3 giurie:
Rose Villain: dopo la brutta esibizione della scorsa annata con Gianna Nannini, riesce a riscattarsi con una buona performance in “Fiori rosa, fiori di pesco” accompagnata da Chiello, interpretando con la giusta dolcezza e aura sognante uno dei capolavori di Lucio Battisti. Divertiti e intrattenenti. 6
Modà: tralasciando la piccola esitazione testuale, sono intensi
in “Angelo” insieme a Francesco Renga, ricevendo addirittura una standing ovation in mezzo all’esibizione. 7-
Clara: epicità e pomposità in “The sound of silence” con Il Volo. Il silenzio con loro si riempie e nella loro interpretazione c’è di tutto: intro a cappella, spazio all’orchestra, ritornello in voce piena e tanta tecnica. Inaspettatamente emozionante. 9
Noemi e Tony Effe: lui affossa lei. Tony Effe recita svogliatamente le strofe come i peggiori teatranti esordienti e lascia sostanzialmente tutto il peso emotivo della canzone allo splendido graffio di Noemi, che ben esprime quel sentimento di strazio causato dalla noia esistenziale. Lui è da 3, lei è da 8 in “Tutto il resto è noia”. 5.5
Francesca Michielin e Rkomi: splendida la voce di Francesca in “La nuova stella di Broadway”, in grado di esprimere a pieno tutto il romanticismo della ballata più famosa di Cesare Cremonini. Rkomi la accompagna nelle strofe, lasciandole molto parlate. Lui si fa annebbiare dal talento di lei meritandosi un 4 compensato da un 8.5 della Michielin. 6+
Lucio Corsi: di una credibilità artistica disarmante, ci porta in toni fiabeschi e surreali “Nel blu dipinto di blu” con Topo Gigio. Magnetico, teatrale e genuino ci fa tornare bambini e ci fa volare nella canzone nazionalpopolare per eccellenza. 10
Serena Brancale: brividi soul in “If I Ain’t Got You“. Serena Brancale mette il carico da novanta, ricordando a tutti gli esordi di carriera nei generi americani: jazz, soul, attitudine blues. Il tutto condito dal timbro unico di Alessandra Amoroso. 10-
Irama: Filippo in grande spolvero in “Say something” con una della voci migliori del panorama musicale italiano, Arisa. Da pelle d’oca scelgono un arrangiamento soul, in cui i cori aumentano la portata dei brividi. La costruzione classica delle ballad di Irama viene declinata anche in questa cover, con un continuo crescendo emotivo fino all’esplosione finale. 10
Gaia: sensuale e dalle vybes sudamericane in “La voglia e la pazzia” con Toquihno. Il classico esempio di come anche la scaletta possa sfavorire un concorrente. Infatti risulta meno impattante a causa delle grandi esibizioni che l’hanno preceduta. 6
The Kolors: riarrangiano il successo radiofonico “Rossetto e caffè” con Sal Da Vinci. Funk-pop fatto bene, riescono a scuotere l’Ariston puntando sul groove e sul coinvolgimento. 8+
Marcella Bella: una grande interprete come lei, padroneggia al massimo uno dei capolavori di Adriano Celentano. Canta divinamente “L’emozione non ha voce”, accompagnata dalla dolcezza degli archi dei Twin Violins. 8
Rocco Hunt: ibridano alla perfezione rap, blues e pop in “Yes I know my way“, portando la cultura partenopea sul palco dell’Ariston grazie all’aiuto di Clementino. Coinvolgenti nel flow, convincenti negli incastri metrici. 7-
Francesco Gabbani: l’inizio è dialogato per farci capire come tutti apparteniamo alla stessa storia. Ci fa entrare in “Io sono Francesco” con l’immenso Tricarico, per raccontarci la storia del dolore di essere orfani. Come al solito Francesco Gabbani non delude mai nell’interpretare all’Ariston. 7
Giorgia: insieme ad Annalisa, sono estremamente concentrate sull’essere vocalmente perfette in “Skyfall“. Eccezionali dal punto di vista tecnico, l’arrangiamento è estroso e le accompagna perfettamente all’esplosività che richiedeva il brano. Tirano fuori una grande performance operatic pop. 10-
Simone Cristicchi: si pone a un livello superiore per interpretare “La cura”, come se fosse già in un posto ultraterreno insieme ad Amara. Solo due grandi artisti potevano interpretare in maniera così convincente il re dei brani della musica d’autore. 10
Sarah Toscano: da vera outsider zittisce le critiche sulla sua intonazione in “Overdrive” con Ofenbach. Si muove molto bene sul palco, scuote il teatro con il mondo dance-elettronico che, unito agli archi orchestrali, riesce perfettamente nel suo intento trascinante. 8.5
Coma Cose: “L’estate sta finendo” diventa la fine del Festival di Sanremo. Leggeri, delicati e sognanti restano a metà tra la malinconia invernale e l’euforia per l’arrivo dell’estate. Fanno spuntare il sole nel teatro insieme a Johnson Righeira con un’esibizione festosa. 9
Joan Thiele: lei molto elegante nella dolcezza di “Che cosa c’è” di Gino Paoli. Ma convince molto meno il duetto con Frah Quintale, che risulta artisticamente troppo inferiore sia al capolavoro che hanno cantato, sia a Joan Thiele. Il risultato è una performance con qualche guizzo, ma anche alcuni scivoloni che appiattiscono l’interpretazione. 6-
Olly: prova a portare il suo motto “È festa” in “Il pescatore” del mito della sua città, Fabrizio De Andrè. Accompagnato da Goran Bregović, si fa trascinare dall’emozione, perdendosi parte del testo, ma anche non riuscendo mai ad andare oltre alla superficie del brano, che rifletteva sul valore della solidarietà umana. Della versione di Olly rimane solo la grande musicalità in cui dominano le trombe. 5.5
Elodie e Achille Lauro: un intenso omaggio romano con “A mano a mano” e poi tanta sensualità erotica in “Folle città”. Un buon esercizio per dimostrare la capacità eclettica dei 2 artisti. 8+
Massimo Ranieri: anche lui omaggia Pino Daniele in “Quando” con lo splendido accompagnamento a cappella dei Neri Per Caso. Sensuali e signorili. 7
Willie Peyote: secondo omaggio a Califano, con “Un tempo piccolo” insieme a Tiromancino e Ditonellapiaga. Cadono tutti in virtuosismi vocali, che distolgono dal profondo significato del brano: la brevità della vita, che causa nostalgia. 5
Brunori Sas: sorprende in negativo “L’anno che verrà” con Riccardo Sinigallia e Dimartino. L’attacco impreciso e l’interpretazione molto basica di un artista immenso come Lucio Dalla stonano con la grande capacità di Dario. Nonostante la bella dedica a Paolo Benvegnù, il cantautore calabrese non è riuscito a rendere onore a una canzone popolare che parla di vita, umanità, difetti e speranza verso il futuro. 6
Fedez: dolore e gossip che si intersecano fra il ritornello di “Bella stronza”, cantato da Marco Masini, e le barre aggiunte da Fedez, dedicate all’amante che ha provocato la distruzione del suo nucleo familiare e l’inizio delle sue crisi depressive. È tornato il Fedez oscuro e arrabbiato di “Penisola che non c’è”, ma questa volta il suo odio è concentrato più nella sfera amorosa che in quella sociale. 9
Bresh: restituisce il clima popolare di “Crêuza de mä” con Cristiano De Andrè, nonostante i numerosi problemi tecnici avuti durante l’esibizione. Rispetto ad Olly, è riuscito a portare a casa un brano cult della discografia di Faber, avendo anche la duplice difficoltà di dover rendere musicale e accessibile un testo scritto interamente in dialetto ligure. 6.5
Shablo ft Guè, Tormento e Joshua: un grande tributo all’hip-hop anni 2000 in un medley “Amor de mi vida” e “Aspettando il sole” con una delle icone di quegli anni come Neffa. Flow, R&B e un ottimo gusto per un sound retro fortificano quanto fatto con la presentazione dell’inedito, riportare in auge una old-wave storica. 8.5
Rosaria Vecchio, creatrice di Pillole di Musica Pop, un piccolo spazio per gli amanti del pop, dove poter parlare di musica a 360°, senza particolari limiti o censure.
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