Terza serata del Festival di Sanremo con gli altri 14 artisti che si esibiscono per essere votati dalla giuria delle radio e dal televoto, oltre alla finale delle nuove proposte. Se nella scorsa serata il grande ospite era Damiano David, l’Ariston ha accolto con grande entusiasmo l’arrivo dei Duran Duran.
Settembre: meritata la sua vittoria, per modo di interpretare e per l’atmosfera dark di “Vertebre”. Sempre viscerale, il suo timbro era il migliore della sezione giovani e, infatti, ha fatto la differenza. 7
Alex Wyse: elegante e sofisticato con un pezzo sul coraggio in amore paragonato alla trasgressione in un mondo dove non ci sono più “Rockstar”. Dotato di grande vocalità, si è giocato la vittoria finale con Settembre, ma ha dovuto alzare bandiera bianca a un brano migliore. 7-
Clara: ancora troppo poco convincente la sua “Febbre”. Una hit radiofonica sui sali e scendi dell’amore che stenta ad emergere nel Festival. 5-
Brunori Sas: duplica la performance chitarra e voce della prima serata. Emoziona alla De Gregori con “L’albero delle noci”, toccando il tema del rapporto genitore-figlio. 7
Sarah Toscano: leggermente meglio rispetto all’impreciso debutto della prima serata. In “Amarcord” è leggera, teen e danzereccia. Un brano che si nasconderà in mezzo ad altre proposte simili e che sembra, purtroppo, la copia di altri progetti come Dua Lipa e Annalisa. 5.5
Massimo Ranieri: magniloquente la sua “Tra le mani un cuore”, che al secondo ascolto non cresce, ma non crolla. Si tratta di una buona ballad vecchio stampo sulla preservazione di un sentimento. 6
Joan Thiele: ricercata e alternativa, la sua “Eco” migliora rispetto al primo ascolto. In questa seconda esibizione è riuscita a far arrivare il bel messaggio sull’amore fraterno. 6+
Shablo ft Guè, Tormento e Shablo: coraggiosa l’unione dell’R&B e dell’hip-hop anni 2000 presente in “La mia parola”. Peccato per il testo, ricco di stereotipi di strada, perchè il mondo ispirato a Neffa era molto interessante. 6+
Noemi: elegante e, al tempo stesso, graffiante la sua “Se t’innamori muori”. A livello performativo ineccepibile su una ballad che paragona il dolore di un amore più maturo a quello della morte. 7
Olly: il sospiro finale intriso di sentimento causato dalla “Balorda nostalgia” e la standing ovation finale potrebbero bastare per comprendere la portata del brano. Ma oltre al testo, a colpire sono gli arpeggi di chitarra e la poeticità della quotidianità che lo annoverano fra i migliori cantautori della sua generazione. 10
Coma Cose: conquistano la top 5 grazie a “Cuoricini”. Il ritornello rimane in testa, ma le influenze cartoonesche sono troppo marcate, tanto che l’uptempo, molto apprezzato, risulta caricaturale. 5.5
Modà: neanche durante la seconda sera riescono a fare qualcosa di buono con “Non ti dimentico”. Nonostante il crescendo dovuto all’aggiunta di strumenti nel finale, i Modà non riescono ad emozionare. 5-
Tony Effe: completamente fuori fuoco in “Damme ‘na mano”. La romanità risulta di plastica, così come il sentimentalismo, che dovrebbe essere al centro delle strade di Roma. Non sorretto dalla voce, non riesce a raggiungere la top 5, nonostante la grande fanbase. 2
Irama: come spesso fanno le sue canzoni, anche “Lentamente” cresce con il passare degli ascolti. Eliminando anche i suoni metallici che avevano rovinato l’intero brano, la sua voce riesce a valorizzare un testo mediocre e una canzone che non è tra le migliori della sua discografia, conquistando la top 5. 7-
Francesco Gabbani: i cori soul iniziali creano l’atmosfera perfetta per la sua malinconia leggera. “Viva la vita” funziona e, infatti, conquista la top 5. 7
Gaia: ritmata e latina la sua “Chiamo io chiami tu”. Destinata a essere un tormentone radiofonico, cresce al secondo ascolto, anche se in termini di classifica potrà dire ben poco al Festival. 6
Rosaria Vecchio, creatrice di Pillole di Musica Pop, un piccolo spazio per gli amanti del pop, dove poter parlare di musica a 360°, senza particolari limiti o censure.
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