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“Sembra un sogno bellissimo da cui non vorremmo svegliarci mai”: intervista esclusiva ai Kaufman

“Sembra un sogno bellissimo da cui non vorremmo svegliarci mai”: intervista esclusiva ai Kaufman

I Kaufman, band indie-pop bresciana formata da Lorenzo Lombardi, Alessandro Micheli, Matteo Cozza e Simone Gelmini, sono un interessante progetto musicale che unisce tecnica a passione.

Recentemente hanno pubblicato “Macchine volanti”, nuovo singolo che viene riassunto così dal frontman Lorenzo: “Hai presente quando lei/lui ti lascia e tu vorresti dormire per secoli? Almeno fino a quando non esistono gli androidi, il teletrasporto o macchine volanti? Ti aggiri per una casa che ha ormai le fattezze di un accampamento di guerra, tra scatole di gelato e pacchetti di sigarette. Anche il cane ti guarda strano e non dorme più sul divano con te. Provi a non pensarci eppure il pensiero ti riporta sempre lì, a lei/lui. Provi a ipotizzare che forse lei è uscita solo a prendere le sigarette e presto suonerà ala porta. Già. Ma lei non fuma. Potrebbe avere iniziato oggi, giusto? Allora capisci che l’unica consolazione è guardare Breaking Bad. E le straordinarie interpretazioni di Mia Khalifa. Si, magari contemporaneamente”.

Come di consueto, vi proponiamo l’intervista integrale. Buona lettura!

Ciao ragazzi, ci raccontereste come sono nati i Kaufman e chi sono i suoi componenti?

«I Kaufman sono composti da Lorenzo Lombardi, Alessandro Micheli, Matteo Cozza e Simone Gelmini. Suonavamo tutti nella scena musicale bresciana in contesti diversi e, in momenti diversi, ci siamo uniti per creare questo progetto. È nato tutto in amicizia e per passione della musica.»

È stato semplice conciliare i trascorsi musicali di ciascuno di voi e creare, poi, un’identità di gruppo ben definita?

«Direi di sì. Tutto ruota intorno alla mia scrittura fondamentalmente. Si tratta di fare canzoni: quando piacciono a tutti i membri, poi diventa semplice avere un’identità. La fusione delle diverse esperienze e dei diversi gusti, quando ha un obiettivo comune, diventa un bellissimo valore aggiunto. Un po’ come ogni diversità.»

Come possiamo definire il vostro gruppo?

«Non è mai facile dare delle etichette. Certamente rientriamo in questa nuova onda musicale italiana che passa sotto il nome di indie o di itpop, ma credo sia una definizione di ambiente, più che di genere musicale in senso stretto. Facciamo canzoni italiane, prevalentemente pop, prevalentemente d’amore ma, come dice Brunori Sas, “di che altro vuoi parlare?”. Attingiamo alla cultura pop e cantautorale italiana, da Luca Carboni a Battisti e la riarrangiamo, tenendo presente anche ascolti internazionali, da Ariana Grande agli Smiths.»

Sappiamo che l’anno scorso sono usciti “Robert Smith” e “L’età difficile”, i vostri primi singoli: ci spieghereste com’è nata l’idea della loro creazione e produzione? E che riscontri avete avuto col pubblico?

«Robert Smith è una canzone che parla di un incontro fortuito e occasionale tra due persone e delle domande che ci si pongono in queste occasioni: durerà solo una notte? O le vite resteranno appiccicate per anni?

L’età difficile, invece, parla della fine dell’estate, di un addio, di amori che si lasciano alla partenza dal mare per tornare alla vita normale. E anche della fine di molte cose, dell’adolescenza prima di tutto.
La produzione è stata fatta con Alessandro Raina e Luca Serpenti. Entrambe hanno avuto un bellissimo riscontro di pubblico e ai concerti sono le più cantate.»

Come vi comportate davanti a un nuovo singolo? Pensate prima alla composizione della melodia o alla scrittura del testo?

«La scrittura, nel mio caso, procede ogni volta in modo diverso e non sempre ordinato. A volte nasce prima una melodia, a volte un testo, a volte delle frasi suggeriscono una cellula melodica. Io procedo in modo caotico finché non trovo direzioni che mi regalano emozioni. A quel punto, trovato il gancio emotivo, lavoro di cesello, limando ogni parla e ogni nota e riportando a poco a poco l’ordine.»

L’utilizzo sempre più frequente di strumenti musicali digitali influenza, in qualche modo, il vostro sound?

«Assolutamente sì. Nel nostro caso moltissimo. Il nostro live – e certamente anche la produzione – è una fusione totale di suoni e strumenti analogici con sonorità e strumenti digitali ed elettronici e sequenze.»

Kaufman
Credits: Kaufman

Come credete sia cambiato il settore musicale negli ultimi anni?

«Credo moltissimo. Da un lato per l’aspetto tecnico e tecnologico. L’ascolto avviene con strumenti e metodi molto diversi, basti pensare a Spotify.
Dall’altro, da un punto di vista artistico e sociologico, vedo una nuova ondata di musica italiana, che non viene da talent o da mezzi televisivi, ma che nasce dal basso, dalle etichette indipendenti e che ha la forza pop di imporsi nelle major, nelle radio e al grande pubblico e che poi rialimenta nuovi artisti che partono dal basso. Ho l’impressione di una piccola età dell’oro.»

In un contesto come quello italiano, suonare dal vivo è fondamentale per farsi conoscere e apprezzare dal pubblico.Voi come vi approcciate a questo scenario?

«Noi abbiamo fatto tantissime date in giro per l’Italia, oltre 60 in poco più di 6 mesi. È la cosa più importante e bella. Dopotutto la musica si fa sui palchi!»

 

Kaufman
Credits: Kaufman

Qual è la soddisfazione più grande che avete ottenuto finora?

«Devo dire che fatico a trovarne una sola.
Il disco Belmondo ci sta regalando tantissime soddisfazioni: passaggi radiofonici importanti, posizioni in classifica importanti, concerti in contesti molto belli che fino a poco fa non avremmo mai immaginato. Pensate, per esempio, che il disco è arrivato a 1 milione di ascolti su Spotify.
Sembra un sogno bellissimo da cui non vorremmo svegliarci mai!»

C’è una serata o un evento che, invece, vorreste dimenticare? E se sì, perché?

«Finora per fortuna no. Abbiamo un ricordo nitido e molto bello di tutti gli eventi live. Ci sono state un paio di occasioni in cui ho cantato con la tonsillite, tenuto su dai medicinali,ma a parte questo niente di rilevante.»

Come fate a stabilire la scaletta per i tour e a trovare, quindi, un accordo che accontenti tutti?

«La scaletta è l’ultimo dei nostri pensieri. Ci si siede ad un tavolo e ci si trova, senza problemi. Credeteci, facciamo più fatica a scegliere il luogo dove andare a mangiare!»

Recentemente è uscito “Macchine volanti”, il secondo brano del vostro nuovo album: com’è nato questo singolo e che messaggio vuole trasmettere?

«È una canzone che parla di una persona che viene lasciata, si suppone dopo una relazione lunga. Solo in casa, il protagonista abbandonato, riflette, si dispera e immagina. Vorrebbe dormire e risvegliarsi solo quando, appunto, esistono macchine volanti. Ovviamente l’approccio è in parte malinconico e in parte ironico e, come tutte le nostre canzoni, si muove tra citazioni e non-sense postmoderni.»

 

Qualche novità in vista che vorreste condividere in anteprima con noi?

«Credo che a Settembre vi faremo ascoltare nuove canzoni. Non vediamo l’ora!»

Che consiglio dareste ai giovani che, come voi, vorrebbero intraprendere questo percorso?

«Dare consigli è sempre complicato perché le strade non sono mai uguali. Anzi, spesso sono opposte. L’unica cosa che mi sento di dire è che, per fare musica, si deve ascoltare musica, per scrivere si deve leggere. Viviamo sempre e comunque stando sulle spalle dei giganti.»

Scritto da: Rosaria Vecchio

Rosaria Vecchio, creatrice di Pillole di Musica Pop, un piccolo spazio per gli amanti del pop, dove poter parlare di musica a 360°, senza particolari limiti o censure.

Scritto da: Rosaria Vecchio

Rosaria Vecchio, creatrice di Pillole di Musica Pop, un piccolo spazio per gli amanti del pop, dove poter parlare di musica a 360°, senza particolari limiti o censure.

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