Dopo aver conosciuto Dalia Buccianti (cliccate qui per rileggere l’intervista), oggi vi portiamo nel “glorioso disastro” dei Cassandra, trio toscano.
I Cassandra sono l’unione dei due fratelli Ravazzi, Matteo alla voce e Francesco alla chitarra, e Giovanni Sarti alla batteria. La band fiorentina, prodotta da Marco Carnasecchi e pubblicata dall’etichetta Mescal, suona da sempre, arrivando a calcare palchi degni di nota come quelli del Mengo Music Fest e del Pistoia Blues. I testi e la musica vogliono rispecchiare quello che i tre componenti sono e fanno: dello spinto dirty pop.
Approdati a X Factor 2021 con “Kate Moss”, singolo dopo singolo arrivano a “Campo di Marte”, il loro primo album, presentato in una trentina di date.
La nuova fase artistica della band, anticipata dai singoli “Ad occhi chiusi”, “Crac!”, l’estiva “Ça va sans dire”, “Sponsor” e “Bonsai”, si dispiega nella sua interezza nell’album “Un glorioso disastro”, pubblicato lo scorso 24 Novembre. Ma, adesso, conosciamoli meglio!
«Ciao, siamo i Cassandra, malinconicamente da Firenze. Due fratelli e uno adottato, da qualche anno molestiamo palchi di tutta Italia.»
«Ci sono due filoni a cui attingiamo a piene mani: quello del cantautorato Italiano, dai grandi miti come De Andrè, Dalla, De Gregori fino ai Cani, Fiumani, Canali, Calcutta, e poi quello da “band” con tutta la indie brit rock, new wave, etc. Poi ognuno di noi ha i propri guilty pleasure, roba da vergognarsi quasi, ma va bene così.»
«Ancora non l’abbiamo capito e, sinceramente, manco ci pensiamo. È una cosa che ci fa star bene, la facciamo e basta. Un po’ di tempo fa ragionavamo su quello che poteva essere un eventuale “piano B”. Ci siamo messi a ridere istericamente perché, semplicemente, non ce l’abbiamo.»
«Sono le cose che ci circondano tutti i giorni e, paradossalmente, riusciamo più facilmente a parlare di queste cose che di temi lontani da noi. Scriviamo solo di quello che ci tocca, che ci passa accanto. Del resto o non ci interessa o non ne sentiamo proprio il bisogno.»
«L’immagine del bonsai ci faceva pensare a qualcosa plasmato dall’esterno, che cresce in uno spazio molto ristretto e nel quale fatica ad esprimere una propria identità. È come ci sentiamo noi certe volte e, data la risposta del pubblico, non siamo i soli. Certe volte quello che scriviamo serve anche a questo: a sentirsi meno soli.»
«Fidarsi di noi stessi. Siamo molto istintivi, persone di pancia, quindi crediamo ciecamente nelle nostre sensazioni. Questo ci porta anche a prendere dei pali sanguinanti, ma comunque in maniera epica perchè, bene o male, era quello che sentivamo di fare. Contro il muro, ma con classe, sempre.»
«Sì, abbiamo 2 anni da “professionisti” alle spalle, tanti concerti fatti, persone incontrate e dinamiche nuove che ci hanno lasciato il segno. È un disco più maturo ma anche più istintivo, scritto e registrato nell’arco di 7 mesi, tra una data e l’altra del tour.»
«Sì, ce la ricordiamo e ha inciso molto sulla nostra carriera. Diciamo che ci ha dato il via. L’abbiamo affrontata nella giusta maniera, dandogli il giusto peso: bella situazione tecnica, bella atmosfera artistica, ottima pubblicità, il lato televisivo un simpatico gioco. Il non prendere troppo sul serio tutto, noi compresi, ci ha aiutato molto in questa situazione.»
«È andato tutto molto veloce, forse troppo: in 3 anni abbiamo macinato km, pubblicato due dischi, saliti su molti palchi; ma, sinceramente, non siamo stanchi e se guardiamo il domani lo vogliamo più denso di concerti, altre canzoni e nuove contaminazioni. A breve partirà il tour, siamo carichi.»
«Cinici, ironici, drammaticamente fiorentini.»
Rosaria Vecchio, creatrice di Pillole di Musica Pop, un piccolo spazio per gli amanti del pop, dove poter parlare di musica a 360°, senza particolari limiti o censure.
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