Dopo avervi segnalato Sèmièl (cliccate qui per rileggere l’intervista), oggi vi presentiamo Erika Lei, attualmente in rotazione radiofonica con “Alitalia”, il suo nuovo singolo. Conoscetela meglio nella nostra intervista!
Classe 1992, Erika Lei è una cantautrice e interprete di Licata (Ag). Il suo percorso artistico prende il via con il singolo d’esordio “I’m Here”, seguito da “Symphony”, entrambi prodotti da Peppe Milia. Nel 2018 pubblica “San Junipero”, il suo primo brano in italiano per l’etichetta LaPop.
La sua scrittura conquista anche il panorama internazionale: inizia una collaborazione come autrice con i Kadebostany, iconico gruppo svizzero indie-pop, e firma il brano “Baby I’m Ok”, contenuto nell’EP “Drama – Act 1″.
Nel 2019 viene notata da Yalla Movement, etichetta e management di Big Fish e Jake La Furia, con cui pubblica i singoli “India”, “Mancamento”, “Amnesia” e “Donne che odiano le donne” (in duetto con Chadia). Un suo featuring compare anche in “Se fossi in te”, brano dell’album “Dogma 93” di Lowlow.
Dopo una pausa artistica, Erika torna alla musica con rinnovata consapevolezza e una nuova collaborazione con Dario Iaculli, polistrumentista e attuale bassista dei The Kolors. Da questo sodalizio nascono i brani “Super9”, “Cenere” e “Baudelaire”.
“Alitalia” è il suo nuovo singolo, disponibile sulle piattaforme digitali di streaming e in rotazione radiofonica dal 30 Maggio 2025, brano con cui inaugura un nuovo capitolo della sua carriera: più autentica, profonda e libera.
«Mi chiamo Erika Lei, e credo nei contrasti. Sono nata in Sicilia e nella musica ho trovato il mio modo per dire quello che, nella vita, spesso resta incastrato in gola. Le parole sono il mio ossigeno, e ogni canzone è un tentativo di restare viva in un mondo che consuma tutto troppo in fretta.»
«Non ho una destinazione precisa. Vorrei solo che la mia voce arrivasse dove serve, dove qualcuno ha bisogno di sentirsi meno solo. Se c’è un sogno, è quello di vivere scrivendo, cantando e trasformando le mie crepe in mappe per altri.»
«Tutte le collaborazioni mi hanno insegnato qualcosa, ma se devo citare un’esperienza che mi ha lasciato un segno profondo, penso a Jake La Furia. Non solo per l’aspetto artistico, ma perché in un momento in cui tutto mi sembrava crollare, lui è stato un’ancora. Un amico. Francesco, insomma, uno di quelli che ti vedono anche quando non riesci a guardarti da sola. A volte le connessioni umane valgono più delle vette artistiche.»
«Agli estremi opposti della mia anima, in questo momento, ci sono Bad Bunny e Amy Winehouse. Bad Bunny perché riesce a trasformare la passione in qualcosa di universale, carnale e istintivo, e lo fa con una libertà che mi parla. Amy perché è stata verità pura. Perché ha fatto della fragilità una rivoluzione. Perché ogni volta che la ascolto mi sembra di riconoscermi. Quindi non posso che fare i loro nomi se immagino un sogno realizzarsi in termini di collaborazione.»
«È stata una necessità. A un certo punto ho smesso di voler stupire, e ho cominciato a voler dire. Ho tolto i vestiti alla musica, l’ho guardata negli occhi. Ora scrivo solo se ho qualcosa di vero da dire, anche se fa male.»
«Il dolore, l’amore, la scrittura. Non ho mai saputo fingere, nemmeno nei momenti in cui sarebbe stato più comodo. Ogni volta che ho provato a compiacere gli altri, la musica mi si è spenta dentro. La verità, per me, è più potente della coerenza.»
«Credo sia la nudità emotiva. Dico cose che, spesso, si pensano, ma non si dicono. Non ho paura di dire “ho bisogno”, “mi manca”, “non ce la faccio”. In un mondo che esalta la performance (che comunque apprezzo e ammiro e a tratti invidio), io rivendico la fragilità. Porto addosso la mia pelle, anche quando brucia. Non costruisco personaggi, lascio che la mia fragilità diventi voce.»
«Il titolo “Alitalia” mi apparteneva da sempre. Lo portavo dentro da bambina, quando partivo già allora per amore, con amore, verso mete lontane. Alitalia era la compagnia che mi portava in giro, la voce negli aeroporti, i finestrini pieni di cielo. Era ovvio che un giorno una canzone si sarebbe chiamata così. Il brano è nato dopo un volo mancato, chissà se per caso o per volontà. Ho scritto la prima versione di getto su un type beat che avevo trovato per caso e a cui mi sono legata visceralmente: era perfetto. Ma poi Zaratan (Andrea Galuzzi) ha saputo trasformare la mia idea e la mia emozione in realtà, creando la base perfetta. Un lavoro intimo ma, allo stesso tempo, di squadra insomma.»
«Che anche le cose brevi possono cambiare tutto. Che l’amore non ha bisogno di durata per essere reale. E che, a volte, non partire è inevitabile, ma la ferita del restare può diventare bellezza.»
«Difficile è non farlo. Io non riesco a scrivere di altro. L’amore è l’uragano che mi muove, la ferita e la cura. Raccontarlo è un atto di sopravvivenza.»
«Sì, quando ho smesso di vergognarmi. Quando ho capito che la malinconia non è debolezza ma potenza, che la fragilità raccontata diventa forza per chi ascolta. Quando qualcuno mi ha detto “mi ci sono rivisto”, ho capito che valesse tutto.»
«Sempre. Scrivo da prima ancora di capire perché. È il mio modo di respirare quando l’aria manca. È terapia, è diario, è salvezza.»
«Quello verso un amore che sembrava destinato, ma che sarebbe stato la mia fine. E la sua. A volte anche le favole hanno un prezzo troppo alto. E io, che sogno in grande, avrei distrutto tutto pur di tenerlo con me. Ma amare non significa stringere. Quel volo non l’ho preso… e forse è stato un atto d’amore anche quello.»
«Sto preparando nuovi singoli, uno dopo l’altro, ognuno come un capitolo a sé. Nessun EP, almeno per ora. Voglio continuare a raccontarmi pezzo per pezzo, lasciando che ogni brano sia un piccolo mondo da esplorare.»
Rosaria Vecchio, creatrice di Pillole di Musica Pop, un piccolo spazio per gli amanti del pop, dove poter parlare di musica a 360°, senza particolari limiti o censure.
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