Dopo avervi segnalato JVLIA (cliccate qui per rileggere l’intervista), oggi vi presentiamo Sèmièl, attualmente in rotazione radiofonica con “Le vie di Tokyo”, il suo nuovo singolo. Conoscetelo meglio nella nostra intervista!
Samuele Matta, in arte SÈMIÈL, è un cantautore toscano al debutto discografico in lingua italiana dopo aver pubblicato 2 album e 3 Ep in inglese.
Inizia a scrivere all’età di 16 anni e a calcare palchi come chitarrista/autore già nel 2009 in varie band alternative rock e hardcore in lingua inglese, collezionando tour in Italia, Europa, Gran Bretagna e Giappone pubblicando per varie etichette discografiche sia nazionali che internazionali in collaborazione con ADA/WMG, CR Japan, The Orchard, Believe e Horus Music Ltd.
Nel 2020 inizia a scrivere il primo lavoro in italiano prodotto da Andrea Pachetti al 360 Music Factory di Livorno nel 2021 e lavorato per oltre due anni, di cui i primi due singoli vengono originariamente pubblicati per Molto Forte/ADA e successivamente acquisiti da The Saifam Group.
“Le vie di Tokyo” è il secondo singolo di SÈMIÈL, disponibile sulle piattaforme digitali di streaming e in rotazione radiofonica dal 30 Maggio 2025.
«Ciao a tutti! Sono tantissime esse: so essere scomodo, stravagante, sconveniente, sincero, sognatore, ma in questo momento sono, soprattutto, un sound designer e, di sicuro, non una pornostar.»
«Ho avuto dei check point che me l’hanno fatta riconoscere a più riprese. Credo di aver avuto la prima erezione cosciente ascoltando una musicassetta dei Deep Purple, mi pare “Made In Japan”. In adolescenza ho scoperto che potevo urlare in un microfono e prendere 50 euro senza che nessuno chiamasse la polizia. Sono sopravvissuto ad un frontale in moto grazie alla chitarra acustica che ha assorbito l’urto senza disintegrarsi (suonavo dei ceppi di legno buoni per il camino, utili soprattutto come airbag dorsali). In maggiore età ho iniziato a pubblicare dischi e, da lì in poi, la musica è diventata una componente chimica della mia persona in maniera irreversibile.»
«Per riuscire a vivere nel modo in cui avrei voluto mi sarei dovuto trasferire in Canada, con l’aiuto dell’etichetta e delle politiche di immigrazione canadesi; in quel momento era più fattibile che no e in Italia c’era ben poco per la scena rock. Poi dopo il tour in Giappone mi sono innamorato e, nel giro di un annetto, c’è stata la pandemia, così ho pensato di cambiare tutto. Mi mancava moltissimo suonare fuori e, allo stesso tempo, avevo bisogno di un progetto motivante e, così, ho cambiato lingua, strumenti, strumentista, produttore, etichetta, insomma…Tutto.»
«Durante quel tour in Giappone ho incontrato un’amica di infanzia a Shibuya. Non me la passavo troppo bene, le luci degli schermi pubblicitari mi distruggevano gli occhi e riuscire a bere un tè caldo insieme ad una persona che associo al lato buono della mia infanzia mi ha dato un immenso sollievo. Così, qualche giorno dopo, ho scritto il testo, tra l’altro in Italiano, quindi un evento più unico che raro: è rimasto nell’agenda per molti mesi, poi durante una sessione di scrittura è venuto fuori l’arrangiamento come un treno che arriva in stazione quando gli pare.»
«Credo che il concetto del distruggere per ricostruire sia una tappa obbligata per capire il contesto emotivo della canzone. Ricostruirsi sempre e comunque, contro ogni pronostico e aspettativa. Resistere per esistere. Non è facile e risulta, invece, semplicissimo sentirsi soli perché, in fin dei conti, è proprio così: quando il gioco si fa duro gli altri giocano solo se hanno degli interessi. Non mi costa niente scrivere le canzoni, sono un riflesso di quello che ho dentro, possono risultare particolari perché ho avuto esperienze particolari e un background musicale inusuale per la pop music. Se proprio vogliamo quantificare penso mi sia costato un pezzo d’infanzia in cui mi rifugiavo appunto negli amici, un altro pezzo di adolescenza perché dal venerdì alla domenica ero in giro per guadagnarmi quei 50 euro al giorno, visto che in casa mia nada de nada. Metto in conto anche un paio di relazioni, diverse amicizie e compromessi personali a mio avviso inaccettabili.»
«Non è tanto trovarla in un posto lontano, quanto trovarla in un momento in cui ne hai bisogno e la trovi, contro ogni aspettativa e contro ogni pronostico. Dopo l’inizio delle superiori ci siamo persi e, quindi, ritrovarsi dopo anni è stato più un incontro tra due anime che tra due persone, nel senso che credo di poter dire che come persone ormai non ci conosciamo più, ma se ci guardiamo negli occhi ci riconosciamo sempre. Per esperienza posso dire che non funziona così proprio con tutti. Oggi il mio primo porto sicuro sono io stesso e mi sembra giusto così, anche se devo dire che se la mia persona è il mio porto allora la mia compagna è l’ancora.»
«Vivo un carosello di gif: la folla, due occhi affettuosi avvolti da un sorriso, una bottiglia di mezcal con lo scorpione sul fondo, le luci, il cielo invaso dai grattacieli, un abbraccio, il rituale giapponese di presentazione degli addetti ai lavori, in cerchio, prima di ogni concerto.»
«È stata la prima canzone che ho scritto in italiano.»
«Raccontare tutto come se fosse un interrogatorio della digos, documentare tutto come se stessi facendo un servizio di Report e suonare dal vivo dando l’anima come quando vai dallo psicologo.»
«Assolutamente sì, nella maggior parte degli Stati in cui ho suonato chi fa cultura è visto come un essere vivente in via d’estinzione da tutelare e preservare. In Italia, oltre all’approssimativismo, c’è molto bracconaggio. L’italia è il paese in cui “fare l’artista non è un mestiere”, però gli altri ci mangiano sopra.»
«Mi hanno reso musicalmente libero, senza dover tenere conto per forza dei trend sonori o di scrittura per farsi playlistare. Non è giusto ciò che è giusto, è giusto ciò che suona bene. Condividere il palco con tanti artisti internazionali ti fa rendere conto di quale sia il livello nel mondo e, una volta che ci entri dentro, non si torna più indietro, quindi sono molto curioso di portare sui palchi italiani il mio concetto di live experience. Il mercato internazionale, musica latina a parte, è sempre stato un mezzo tabù per la discografia italiana, suppongo perché in genere sia artisti che discografici riescono a malapena a non ridicolizzarsi quando parlano inglese, figurarsi prendere accordi. Per il momento mi concentro sull’Italia, anche se probabilmente uscirà comunque qualcosa in inglese, ovviamente a modo mio, perché la discografia italiana non è certo la Formula1: seguire/copiare chi fa bene difficilmente porterà a buoni risultati.»
«Palco, sempre.»
«Far uscire l’album di questo primo lavoro che, per il momento, state percependo come singoli, ad Ottobre dovrebbe iniziare il tour e, successivamente, credo dirò a tutti che farò una cosa, ma poi in realtà ne farò un’altra, oppure ormai è una call già fatta e, quindi, se effettivamente faccio quello che dico potrebbe essere sorprendente di per sé (che poi la direzione artistica nemmeno la gestisco io, quindi chi vivrà vedrà.»
«Un fulmine che cade nel mare in tempesta durante la notte, evidenziando la linea d’orizzonte che separa il cielo dall’acqua, prima tenuta nascosta dal buio e dalle nuvole. Ma anche l’articolo 42 della costituzione italiana va benissimo.»
Rosaria Vecchio, creatrice di Pillole di Musica Pop, un piccolo spazio per gli amanti del pop, dove poter parlare di musica a 360°, senza particolari limiti o censure.
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