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Dopo avervi segnalato Leria (cliccate qui per rileggere l’intervista), oggi vi presentiamo Lobe, attualmente in rotazione radiofonica con “Perdersi nel buio”, il suo nuovo singolo. Conoscetelo meglio nella nostra intervista!
Lorenzo Bertasi è un cantautore indie/pop di Verona. Ha una formazione musicale di stampo classico ed un’attitudine diametralmente opposta. Infatti, è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio di Verona, ma la passione per il rock e il pop lo hanno portato ad esibirsi in pubblico sin da giovanissimo con questo tipo di repertorio.
Dopo varie esperienze musicali, a 18 anni ha dato vita al suo primo progetto di inediti e ha formato la band hard rock Seventh Veil, con la quale ha pubblicato 3 dischi e girato tutta l’Europa in tour, suonando in locali tipo il Razzmatazz di Barcellona, il PalaGeox di Padova, l’O2 Academy di Londra ed il Duycker di Amsterdam. Nel 2018 ha deciso di dare una svolta alla sua carriera sciogliendo la band ed iniziando il suo percorso da solista virando sull’indie/pop.
Dal 2018 al 2022 ha pubblicato una serie di singoli, affiancato dal produttore trentino Cristian Postal, ma nel 2023, dopo l’incontro con i producer MACS e Faffa, cambia completamente il metodo di lavoro, che lo porta alla produzione di cinque nuovi brani, definendo così l’inizio di un nuovo percorso: una sorta di Lobe 2.0.
«Ciao a tutti! Sono Lorenzo Bertasi, aka Lobe, musicista dalle molte personalità. Diplomato in pianoforte al Conservatorio di Verona, ho sempre vissuto la musica con una doppia anima: da una parte la passione per Chopin e Debussy, dall’altra le chitarre dei Queen, Guns N’ Roses e Motley Crüe, che sono stati il mio primo vero colpo di fulmine.
Tifosissimo dell’Inter, grande appassionato di buon vino e buona cucina, sposato con Viola e papà di due bellissimi bambini, Sole e Levi, che riescono sempre a strapparmi un sorriso anche nei giorni più grigi.»
«Mi sono avvicinato alla musica fin da piccolissimo: ricordo ancora quando, da bambino, passavo ore sul pianoforte, cercando di imitare le melodie che sentivo in radio e imparando a suonare gli accordi che trovavo sui libri di chitarra di mio papà. Poi sono arrivati i primi studi, le band con gli amici, le serate passate in sala prove. Ogni esperienza è stata una tappa importante per capire che la musica non era solo una passione, ma una parte fondamentale di me.
Oggi il mio sogno è continuare a crescere artisticamente, tornare a portare la mia musica in live, aspetto che manca ormai da troppo tempo, ma soprattutto riuscire a trasmettere emozioni vere a chi mi ascolta. Vorrei che le mie canzoni potessero diventare colonna sonora di momenti importanti per le persone, proprio come tanti brani lo sono stati per me.»
«È stata un’evoluzione naturale, ma anche il frutto di una crescente esigenza espressiva. Il rock è stato il mio primo amore: diretto, istintivo, pieno di energia. Mi ha insegnato a metterci tutto me stesso. Ma col tempo ho sentito il bisogno di spogliarmi di certi suoni più “urlati” per arrivare a qualcosa di più intimo che rispecchiasse meglio ciò che sono oggi.
Il pop mi ha dato lo spazio per raccontare in modo più diretto le emozioni, le fragilità, i pensieri. È come se avessi voluto fare meno rumore fuori per far sentire meglio quello che avevo dentro. Anche se onestamente, ogni tanto, quella voglia di rock’n’roll torna a bussare alla mia porta…Chi vivrà vedrà!»
«”Perdersi nel buio” è un brano che parla di quei momenti in cui ci si sente smarriti, quando le certezze vacillano e tutto sembra sfuggire di mano. Ma non è una canzone pessimista, anzi, vuole essere un invito a non avere paura di attraversare il buio, perché spesso è proprio lì che si ritrova sé stessi.
C’è sicuramente molto di autobiografico, come in tutti i pezzi che scrivo. Ho composto questo brano in un periodo in cui avevo bisogno di silenzio, di fermarmi e ascoltarmi davvero. Ogni parola riflette un passaggio emotivo che ho vissuto in prima persona. Mi piace pensare che chi lo ascolta possa riconoscersi, sentirsi meno solo e, magari, trovare una piccola luce anche nei propri momenti di confusione.»
«Assolutamente sì, e credo sia una delle fortune più grandi che si possano avere. “Perdersi nel buio” parla anche di questo: delle persone che restano, che ti tengono la mano quando tutto trema, che non ti chiedono di essere perfetto, ma solo autentico. Negli ultimi anni ho imparato a riconoscere gli affetti veri, quelli che non fanno rumore, ma che ci sono sempre. Oggi non ho tantissimi “amici” come magari ne avevo dieci anni fa, ma i pochi che sono rimasti sono quelli veri, quelli su cui so di poter contare sempre, nel bene e nel male. In più, ho due figli splendidi che mi hanno dato uno scopo, e una moglie che mi supporta in tutto quello che faccio, che crede in me anche quando io per primo faccio fatica a farlo. Alla fine, penso che non potrei davvero chiedere di più dalla vita. Questi legami sono la mia vera forza.»
«Lavorare con MACS e Faffa è stato fondamentale. Hanno saputo leggere tra le righe dei nuovi brani e tirare fuori sfumature che nemmeno io, inizialmente, avevo immaginato. La versione originale che io avevo mandato era più intima, quasi “nuda”, ma grazie a loro i nuovi pezzi si sono arricchiti di suoni ed idee brillanti che hanno portato al risultato finale.»
«Per me “Perdersi nel buio” è speciale perché segna un punto di svolta, non solo musicale, ma anche personale. È il brano in cui, forse per la prima volta, mi sono concesso di essere completamente trasparente, senza filtri. Ho lasciato parlare le fragilità, i dubbi, ma anche quella luce sottile che riesce comunque a farsi spazio dentro il caos.
A differenza dei singoli precedenti, questo pezzo nasce da un’urgenza emotiva più forte, da un bisogno quasi terapeutico di mettere in ordine quello che avevo dentro. È una sorta di fotografia sincera di quello che stavo vivendo nel periodo in cui è stata scritta.»
«Sì, nel senso che scrivere, per me, è spesso un processo inconscio, come dicevo sopra quasi terapeutico: parto da un’emozione, un’immagine, una sensazione che, magari, non ho ancora del tutto capito, e solo mentre metto nero su bianco le parole mi accorgo di cosa sto veramente cercando di dire.
È successo anche con “Perdersi nel buio”: mentre la scrivevo, ho capito che non stavo parlando solo della paura di perdersi, ma anche della forza che si trova proprio quando pensi di esserti smarrito.»
«È vero, i live hanno rappresentato per anni la mia ragione di vita. Oggi purtroppo, complice anche la decisione di intraprendere un progetto solista, dove manca la voglia comune di 4/5 persone di fare sacrifici per uno scopo più grande, rende l’uscita live un po’ più complicata e, di conseguenza, l’attività in studio ha preso il sopravvento, ma è un aspetto sul quale sto lavorando. La sensazione di suonare dal vivo, vedere le persone che si emozionano con te, è qualcosa che mi manca sempre, soprattutto dopo aver vissuto tante esperienze straordinarie in giro per l’Europa.
Entrambe le dimensioni, comunque, hanno il loro fascino, ma se dovessi scegliere, direi che oggi mi trovo forse più a mio agio in studio. Il palco è un’esperienza unica, ti dà un’energia incredibile, la connessione diretta con il pubblico è qualcosa di impagabile. Ma lo studio è il luogo dove posso veramente prendermi il mio tempo per esplorare idee, sperimentare, e concentrarmi su ogni dettaglio. È il posto dove tutto ha inizio.»
«Mi sento profondamente cambiato, ma allo stesso tempo c’è una parte di me che è rimasta identica: quella fame di esprimermi attraverso la musica, di raccontare storie vere, vissute.
Quando ero il frontman dei Seventh Veil, tutto era istinto, volume, energia collettiva. È stata un periodo bellissimo della mia vita, dove ho imparato tantissimo, soprattutto sul valore del confronto e del gioco di squadra. Ma col tempo ho sentito l’esigenza di scavare più a fondo, di metterci qualcosa di più personale e vulnerabile. Il percorso da solista mi ha costretto, e allo stesso tempo permesso, di guardarmi dentro, di prendermi la responsabilità di ogni parola e nota. È stato un passaggio naturale, quasi necessario, per crescere non solo come artista, ma anche come persona.»
«Probabilmente il fatto che ogni mio brano nasce da un’urgenza reale, un’esperienza vissuta o da un’emozione che ho bisogno di condividere. Non ho mai voluto fare la canzonetta che potesse diventare una hit a scapito della mia autenticità, non ne sarei proprio capace. La mia musica è intima, spesso malinconica, ma sempre sincera. E penso che chi mi ascolta riesca a percepirlo: quel senso di verità, anche quando fa un po’ male, è forse ciò che rende il mio percorso riconoscibile.»
«Da qui a fine anno usciranno altri quattro brani che, insieme a “Perdersi nel buio”, andranno a comporre un EP a cui tengo moltissimo. È un progetto che racconta diverse sfumature di me, momenti e pensieri che ho vissuto in questi ultimi 3 anni, e che sento finalmente pronti per essere condivisi.
L’obiettivo è portarlo live su più palchi possibili, perché non vedo l’ora di ritrovare quell’energia, quello scambio unico che solo il palco sa regalare.»
Rosaria Vecchio, creatrice di Pillole di Musica Pop, un piccolo spazio per gli amanti del pop, dove poter parlare di musica a 360°, senza particolari limiti o censure.
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